giovedì 23 maggio 2013

IL PROFETA

Il profeta
Come ogni sera, la chiesa è tutta per me. Il silenzio religioso è interrotto solo dai miei passi. Mi lascio cadere sul duro legno del banco al primo posto. Da qui posso vedere il bell’altare dal quale ogni giorno celebro la messa e sopra di esso vi è un crocifisso. Guardo il suo volto sofferente. E’ stato brutto morire in quella maniera, immagino, ma lo è ancora di più vivere in questa maniera. Prendo la mia dolce compagna di ogni sera e la appoggio alle mie labbra. Bevo un sorso del suo contenuto. Mi voglio inebriare, voglio soprattutto dimenticare. Non ho più la fede da almeno tre mesi, inizio a dubitare che io ce l’abbia mai avuta altrimenti avrei resistito alle prove che il Signore mi  ha mandato. Ho scoperto però che non è necessario avere la fede per essere un buon sacerdote. E’ tutto routine, basta dire e comportarsi sempre alla stessa maniera. Fare finta di averla insomma.
-La mia vita è tutta una stronzata- urlo senza paura di farmi sentire tanto sono sicuro che non verrà nessuno a quest’ora e poi la porta è chiusa. –Non credo più in te! La vita fa troppo schifo e ci sono troppe giustizie perché tu possa esistere!-
Bevo un altro sorso, un altro lungo sorso. Mi volto per un attimo e vedo tre sagome ferme in fondo alla navata. Non riesco a vederli bene in viso perché ci sono solo le luci delle candele accese sull’altare.
-La chiese è chiusa… come avete fatto a entrare se la chiesa è chiusa?- chiedo stupito e un brivido alla nuca mi suggerisce che dovrei iniziare a preoccupare. Se fossero dei bastardi rapinatori, potrei rompere la bottiglia e usarla come arma. Non c’è problema. Loro però sono armati? Le tre sagome avanzano verso di me. Sembrano degli spettri visto che non producono nessun rumore.
-Non credi più in lui? Credi allora in noi- mi dice la figura al centro con una voce femminile.
-In voi?- chiedo e finalmente sono abbastanza vicini da riuscire a vederli bene. Sono una donna nera al centro abbastanza in sovrappeso. Non riesco a notare il seno, credo che sia una settima. Un prete che guarda il seno di una donna? Andate a fanculo! Sono anche io un uomo. Alla sua sinistra c’è un uomo alto e robusto con i capelli neri e lunghi e una folta barba sempre nera gli copre il volto. Non credo di aver mai visto un uomo così alto. Supera di sicuro i due metri e venti. Alla destra della donna infine vi è una ragazzina che mi inquieta parecchio per via del suo sguardo spento. Inoltre è albina.
-Chi siete? E che cosa volete da un umile servo del Signore?- cerco di ricompormi e di fare la mia parte.
-Da servo di Dio crocifisso noi non volere niente- dice l’omone che forse è ritardato o forse non ha ancora imparato bene la nostra lingua.
-Noi vogliamo te, Giovanni- mi dice la donna abbondante.
Per la sorpresa non riesco a trattenere un gemito e a indietreggiare.
-Giovanni non avere paura di noi- cerca di rassicurarmi l’omone
-Chi cazzo siete voi stronzi? E che cazzo volete da me? E come cazzo fate a sapere il mio nome?-
-Io credere che uomini che credono al Crocifisso non dire parolacce!- dice l’uomo mentre scoppia a ridere e la sua risata è veramente bella da sentirsi.
-Soprattutto non le dicono nelle case del loro Signore- constata la donna –Noi siamo tre divinità e questo spiega il motivo per cui conosciamo il tuo nome. Ciò che vogliamo da te, non è ovvio?-
-Quanto cazzo ho bevuto stasera?- guardo la bottiglia che non è nemmeno la metà però –Che merda di scherzo è questo?-
-Nessuno scherzo- è ciò che dice la bambina senza aprire la bocca e il suono della sua frase mi dà un enorme fastidio alle orecchie e genera in me una sensazione di panico. Sento nausea e credo di essere pronto a vomitare.
-Questa è la Verità- aggiunge la donna
-Noi non potere dire cose non vere- conclude l’uomo
Davanti ai miei occhi i vestiti dei tre misteriosi personaggi scompaiono e io posso vederli nel loro reale aspetto, solo la bambina ora tiene il suo viso nascosto dietro una maschera mentre per il resto è completamente nuda. L’omone ha una pelle di lupo sulle spalle e porta una lancia e nient’altro come una statua che raffigura Eracle. Infine la donna non ha nulla che nasconda le sue abbondanze e le sue prosperità. Non riesco a non ammirarla, il mio cuore mi dice che è bellissima anche se non corrisponde ai canoni di bellezza moderna. Mi sento così inutile, insignificante e brutto davanti a loro che non posso fare altro che indietreggiare e poi inginocchiarmi. Grosse lacrime mi solcano il volto. La fede che avevo perso ora è tornata? Sto voltando le spalle al mio Dio e mi sto inginocchiando ad altre divinità che hanno scelto me per manifestarsi e indicare la loro volontà.
-Perché io? Che cosa devo fare?- balbetto.
-Alzati e seguici non sarà nel luogo che appartiene ad un altro Dio, che parleremo con il nostro prescelto- mi porge la mano la donna e io l’afferro.
Butto il mio collare a terra, lascio la bottiglia sul bancone e mi porto con me le mie sigarette. Credo che tutta questa faccenda avrà bisogno di molto fumo per essere digerita. Usciamo e la pioggia inizia a colpirmi da tutte le parti.
-Vado a prendere un paio di ombrelli per coprirci dalla pioggia- poi mi accorgo e ricordo che loro sono completamenti nudi –Dovreste coprirvi o qualcuno chiamerà l’ospedale psichico più vicino-
-Io non capire tua frase ma tu essere divertente- mi dice sempre ridendo l’omone
-Nessuno può vederci a parte te, Giovanni- mi spiega la donna –E poi la pioggia sarà il tuo battesimo.-
-Dove andiamo?- chiedo
-Chi essere noi? Da dove venire noi? Dove andare noi? Sempre solite domande fare voi mortali- mi risponde irritato l’omone.
-Se qualcuno di voi ci rispondesse chiaramente, forse non le faremmo più- rispondo altrettanto offeso.
La bambina ride sotto la maschera e io sento i brividi lungo tutto il corpo. Perché quella ragazzina mi spaventava così tanto? Dopo venti minuti di cammino, usciamo fuori dalla città e arriviamo in una piccola collinetta. Non piove più e la prima cosa che faccio è cacciarmi una sigaretta in bocca e ispirare il fumo nei miei polmoni.
-Questo è il luogo in cui tu avrai le tue risposte… sarà il tuo Monte Sinai…- mi dice la donna.
-Noi essere divinità della preistoria dell’umanità…-
-Divinità dimenticate!- conclude la bambina e stavolta sono costretto a inginocchiarmi e a vomitare davanti ai loro piedi.
-E vogliamo che tu sia il nostro profeta- mi rivela la dea.
-Non credo che Maometto, Mosè o Elia abbiano mai vomitato sui piedi dei loro dei… quali sono i vostri nomi?- chiedo –Devo potervi conoscere per poter professare la vostra religione-
-Io essere il Grande Cacciatore! Uomini venerare me per avere buona preda, disegnare sulle pareti ciò che volere accadere durante la caccia. Io fare loro ottenere.-
-Io sono Ashesah, una delle tante dee della fertilità, forse hai visto in qualche libro di storia uno dei miei simulacri…-
La bambina invece rimane in silenzio, forse ha paura di scatenare di nuovo il mio vomito o causarmi qualche altra reazione.
-Lei è l’ignoto di cui tutti gli uomini hanno paura e che nessuno può conoscere- mi spiega Ashesah
-Perché io e perché avete deciso proprio ora di tornare a manifestarvi?-
-Risposta essere lunga, meglio se essere Ashesah a spiegare-
-Avremmo continuato volentieri a vivere la nostra vita senza interferire in quella degli umani. Il problema è che è sorta una nuova divinità e questa ha iniziato a uccidere tutte le altre. Abbiamo però scoperto che ci riusciva solo con quelle dimenticate o che comunque non avevano più fedeli. Abbiamo bisogno di un profeta, di fedeli e di una religione per poter sopravvivere a questa divinità. Tu solo ci puoi aiutare e salvare.-
-D’accordo ma perché proprio io?- chiedo insistentemente
La bambina mi fa un gesto affinché mi avvicini, lo faccio e lei si toglie la maschera dal viso…

Apro gli occhi e mi ritrovo nel mio letto. Mi sento stravolto e tutto il mio corpo mi fa maledettamente male. Devo aver esagerato troppo ieri sera con l’alcol. Cerco di alzarmi e allora mi ricordo il sogno che ho fatto. Le tre divinità che mi sceglievano come loro profeta. Forse dovrei andare da uno psicologo e farmi controllare. Ai piedi del mio letto ci sono i miei vestiti, sono tutti completamente zuppi di acqua e sporchi di fango. Dove diavolo sono andato e che è successo? Mi ricordo il sogno, la collina e il resto, ma non può essere successo davvero. Era solo uno stupido sogno generato probabilmente dalla mia crisi di fede e quindi dalla mia crisi interiore. Mi guardo allo specchio del mio comò. Faccio veramente schifo. Gli occhi mi cadono sulle foto che tengono là. C’è una foto con i miei compagni di seminario. Quelli si che erano bei tempi. Nessun dubbio e la convinzione di star facendo la cosa giusta. Ora però non lo so più. Poi ne vedo una che non ricordavo di avere ancora. Io e il mio passato vescovo. Quel bastardo figlio di puttana. L’afferro e la spacco per terra. E’ tutta colpa sua, di quello schifoso pedofilo. Volevo denunciarlo ma lui mi ha ricordato il voto di obbedienza. Mi minacciò che mi avrebbe fatto perdere il mio posto e che non sarei stato più un sacerdote. Fui un dannato vigliacco e quello che mi è successo dopo me lo merito tutto. Venni mandato in un’altra diocesi. Conobbi una ragazza che stava male, era una drogata. Volevo aiutarla e me ne innamorai. Fui la sua rovina. Esitavo per via del mio ruolo, non riuscivo a lasciarmi del tutto perché ero egoista. Non volevo perdere il mio collare. Non sapevo se l’amavo o la disprezzavo perché temevo che fosse una tentazione. Lei era in uno stato precario e il mio comportamento la destabilizzò del tutto. Abbandonò la struttura di recupero pur di non vedermi più e non dover soffrire. Tornò a drogarsi e di lei non seppi più nulla. Continuai a fare il prete perché era l’unica cosa che volevo fare e perché credevo intensamente in Gesù e nel suo insegnamento. Le avevo fatto del male, ma stavo aiutando tanti altri e dopo un po’ tornai ad essere felice, fin quando non giunse l’ultimo colpo di grazia. Dovevo celebrare un funerale e scoprii che si trattava di un ragazzo di sedici anni. Era lo stesso di cui il vescovo aveva abusato. Si era suicidato perché aveva confessato tutto ai suoi genitori ma questi erano dei veri cattolici e non gli credettero. Era colpa loro e del vescovo, ma era soprattutto colpa mia. Io sapevo e non avevo fatto nulla. In quel momento però capii un’altra cosa che questo mondo era crudele e che nulla aveva significato. Ero diventato prete per aiutare le persone e invece ne avevo distrutte due. Queste erano le conseguenze nel credere in lui? Se era questo non lo avrei più fatto. Volevo abbandonare il mio ruolo, ma fui troppo codardo e non lo feci. Da quel giorno ad oggi non faccio altro che vestirmi da prete e fare tutto ciò che fa un prete, ma so di non esserlo più. Vado in chiesa presto per poterla aprire ai fedeli mattinieri che hanno bisogno del loro conforto nel loro dio. Nel primo banco trovo il mio collare e la bottiglia. Li prendo e sto per portarli in sacrestia quando vedo qualcuno venire verso l’altare barcollando. Forse è un drogato che si sente male, corro da lui e cerco di sostenerlo. No, non è un drogato. Ha una brutta ferita e perde molto sangue. Lo guardo negli occhi e lo riconosco. Il Grande Cacciatore.
-Tu non avere creduto in noi, tu non avere fatto nulla per noi… tu sempre codardo… la dea avere trovato noi tre… avere cercato di proteggere gli altri ma non essere riuscito… compiere tu il compito che noi avere dato a te… prendere mia lancia e combattere… salvare loro… salvare Ignoto…-
Muore tra le mie braccia e io non posso dire nulla, nessun ma. Vorrei tanto far finta di nulla ma… sono stanco di essere un codardo, stanco di vedere morire la gente perché io ho troppa paura per agire. Prima ero un prete, ora sono un profeta. Afferro la lancia del Grande Cacciatore e la sento vibrare. Mi sta dicendo dove devo andare. La seguo senza alcuna esitazione. Mi fido di lei. Ho fede dopo tanto tempo. Giungo fuori città dove osservo Ashesah combattere con un’altra divinità che indossa un’armatura d’oro, degli occhiali sul volto e tiene in una mano una spada e nell’altra un lume.  Non posso fare altro che vedere questa nuova divinità infilzare da parte a parte la mia amica. Urlo dalla disperazione per non essere giunto in tempo e mi lancio in una corsa sfrenata contro la mia avversaria. Mi paro davanti a Ignoto e stringo forte la lancia fra le mani.
-Giovanni, un passo avanti e uno indietro stai facendo?- mi chiede la divinità che a quanto pare mi conosce.
-Che cosa vuoi dire? Vattene! Io sono il suo profeta e la proteggerò al costo della mia vita!- gli rispondo.
-Stavi venendo verso di me e ora ti allontani per tornare da Lui? Da Loro?- mi chiede delusa.
-Chi sei tu?- gli chiedo
-Io sono Ciò che si vede e si tocca! La ragione! Esiste solo questo mondo. Solo nell’Ignoto, in ciò che non può essere spiegato c’è spazio per la religione! Lascia che io la uccida e prima o poi vincerò anche contro le altre divinità. Aiutami e tu sarai il mio profeta e il mio dogma sarà che non esiste nulla a parte ciò che vedi e che questo mondo non ha nessun significato! Non è forse ciò che credevi fino a ieri notte?-
Credere o non credere era questa la decisione che devo prendere. Essere di nuovo un fedele con la speranza in qualcosa di migliore o un cinico senza illusioni. Mi sposto dalla mia posizione lasciando Ignoto scoperto. Non lo so se ha un’espressione delusa sotto la sua maschera, forse no… infondo sapevano a chi stavano affidando le loro vite. Ad un codardo che aveva preferito non agire. Non era stata colpa di Dio se quel ragazzo si era suicidato, ma di due suoi ministri, di due suoi uomini che non avevano preso la strada giusta che lui aveva indicato. Era facile prendersela con Lui invece di prendermela con me stesso. Io ero il colpevole e il codardo. Dio mi aveva dato la possibilità di salvarlo, ma la paura mi aveva fermato. Stavolta non sarebbe successo. La Ragione si lancia contro Ignoto ma io la colpisco con la mia lancia mentre è ancora in aria. La nuova divinità muore davanti ai miei occhi mentre Ignoto si toglie di nuovo la sua maschera e mi rivela il suo volto. E’ il ragazzo a cui ho voltato le spalle.
-Che cosa succederà adesso?- gli chiedo.
-E chi lo sa? Il futuro è ignoto- mi risponde sorridendo prima di scomparire nel nulla.

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